Colui che ha scritto: "l'opinione di Umberto Eco è sempre attuale", probabilmente non ha letto e capito tutto il contesto.
Un estratto da un articolo della Stampa per chi non avesse letto. «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Tra i vari interventi, Eco prosegue poi così: «La tv aveva promosso lo scemo del villaggio rispetto al quale lo spettatore si sentiva superiore. Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità». E poi invita i giornali «a filtrare con un’equipe di specialisti le informazioni di internet perché nessuno è in grado di capire oggi se un sito sia attendibile o meno. I giornali dovrebbero dedicare almeno due pagine all’analisi critica dei siti, così come i professori dovrebbero insegnare ai ragazzi a utilizzare i siti per fare i temi. Saper copiare è una virtù ma bisogna paragonare le informazioni per capire se sono attendibili o meno».
Si scopre però, che questo intervento è stato anticipato da parole molto positive sul fenomeno social, e che lo stesso Eco ha ricordato l'importanza della diffusione delle informazioni in Cina e Turchia e sottolineato come forse persino gli orrori nazisti sarebbero stati impossibili con i social network.
Ed ora, una serie di riflessioni su certe considerazioni di Eco:
1) I social network sono in effetti pieni di legioni di imbecilli che parlano. Lo sono anche le strade delle città, ma non mi sognerei di criticare le strade perché permettono agli imbecilli di camminarci o di circolarvi sopra. Pieni di imbecilli sono più o meno tutti i luoghi di aggregazione che però non mi sentirei di chiudere. Invece di prendercela con i social prendiamocela casomai con la società che contribuisce al dilagare dell'imbecillità;
2) Nei social network, come nei bar, ci sono quelli che provano a farti ragionare sull'imbecillità di quello che dici. Ma nei social network come nei bar spesso tendiamo a circondarci di persone che la pensano come noi e non ci smentiscono e andiamo così avanti per tutta la vita a credere sia vera una cosa senza senso. Le leggende metropolitane nascono assai prima di Facebook non dimentichiamolo;
3) Il punto non è la diffusione di cretinate o balle, ma avere individui che hanno gli strumenti per respingerli. Strumenti che si chiamiamo istruzione, senso critico, cultura. Strumenti che si diffondono in quantità mai così estesa come oggi proprio grazie al web e ai social (mettere Like alla pagina Facebook di Nature probabilmente apre una serie di possibilità di accesso alle informazioni scientifiche che fino a 10 anni fa avevano solo poche migliaia di persone al mondo... ed è a un like di distanza);
4) Non sono i social network a dare diritto di parola agli imbecilli, ma la Costituzione e qualche altro trattato internazionale. Dare una patente di intelligenza prima di permettere a qualcuno di scrivere è un concetto che forse aveva un senso nella società pre-digitale. Ma oggi mi preoccupa molto di più l'idea che qualcuno possa decidere che io sono troppo "imbecille" per dire qualcosa su Facebook o su un blog;
5) A filtrare le frottole che girano su internet sono spesso dei siti e dei blog curati non da giornalisti o da editori tradizionali ma da appassionati che riescono a sfruttare con intelligenza e a scopo informativo le dinamiche di viralità su cui proliferano le bufale stesse. Quindi esistono degli anticorpi generati dallo stesso sistema dei social alla diffusione delle bufale. Anticorpi che non hanno aspettato "le pagine dei giornali" per manifestarsi;
6) Il problema della diffusione delle bufale o delle balle antiscientifiche sui social (ma prima via mail, ma prima via giornali, ma prima via consiglio della zia che conosce uno che ha il cugino che era morto ed è risorto ecc) esiste, ma è spesso alimentato dai giornali "tradizionali" che semplificano troppo concetti complessi o cascano in trappole studiate da altri;
Chiudo sottolineando un'ultima cosa: io non sono un tecno-entusiasta. Non sono uno di quelli che ritiene che la tecnologia sia un bene assoluto. Le infinite possibilità di controllo sulle nostre vite che sono emerse con il caso Nsa, la concentrazione di potere nelle mani di poche multinazionali della Silicon Valley sono problemi enormi e da far tremare i polsi e potrei andare avanti per ore a elencarne altri.
Tuttavia viviamo in un'era che ci fornisce strumenti potentissimi per accedere e condividere informazioni e dobbiamo usarli per portare la società dove vogliamo. E magari domani la legione di imbecilli sarà un manipolo un po' più piccolo.
P.S. Leggo adesso una divertente e intelligente risposta del sito Valigia Blu a nome degli "imbecilli". Vi suggerisco di guardare. Vi anticipo un ESTRATTO:
"... Tornando seri per un attimo: il testo prodotto dall'Associazione Italiana Imbecilli sarebbe serio e oggettivo? No, è una generalizzazione, come quella di Umberto Eco. Ed è una generalizzazione che indugia sui consueti stereotipi, triti e ritriti, che dividono le persone in intelligenti e sceme sulla base dei mezzi di comunicazione utilizzati, dei luoghi frequentati (che hanno fatto di male i baristi?).
Si leggono e si ascoltano stupidaggini clamorose su libri, giornali e nelle università, nessuno si sognerebbe di definire gli scrittori, i giornalisti e gli intellettuali come 'imbecilli' nella loro interezza. p.s. chissà quanti lettori dei libri e degli articoli di Umberto Eco sono anche attivamente presenti sui social media... "
"Chi non la pensa come me è un imbecille" "Io possiedo le verità e gli altri, imbecilli e complottisti, solo frottole e castronerie" "Io, che mi faccio una cultura ascoltando i media di regime, televisioni che mi fanno continui lavaggi di cervello.. io, so tutta la verità!" (FIRMATO: un non imbecille, o almeno lo crede)
Chiara satira, ma paragonabili al medio evo ci stanno ancora quelli che pendono dalle sue labbra e dai suoi giornali di potere coi loro "pennivendoli".
2) Nei social network, come nei bar, ci sono quelli che provano a farti ragionare sull'imbecillità di quello che dici. Ma nei social network come nei bar spesso tendiamo a circondarci di persone che la pensano come noi e non ci smentiscono e andiamo così avanti per tutta la vita a credere sia vera una cosa senza senso. Le leggende metropolitane nascono assai prima di Facebook non dimentichiamolo;
3) Il punto non è la diffusione di cretinate o balle, ma avere individui che hanno gli strumenti per respingerli. Strumenti che si chiamiamo istruzione, senso critico, cultura. Strumenti che si diffondono in quantità mai così estesa come oggi proprio grazie al web e ai social (mettere Like alla pagina Facebook di Nature probabilmente apre una serie di possibilità di accesso alle informazioni scientifiche che fino a 10 anni fa avevano solo poche migliaia di persone al mondo... ed è a un like di distanza);
4) Non sono i social network a dare diritto di parola agli imbecilli, ma la Costituzione e qualche altro trattato internazionale. Dare una patente di intelligenza prima di permettere a qualcuno di scrivere è un concetto che forse aveva un senso nella società pre-digitale. Ma oggi mi preoccupa molto di più l'idea che qualcuno possa decidere che io sono troppo "imbecille" per dire qualcosa su Facebook o su un blog;
5) A filtrare le frottole che girano su internet sono spesso dei siti e dei blog curati non da giornalisti o da editori tradizionali ma da appassionati che riescono a sfruttare con intelligenza e a scopo informativo le dinamiche di viralità su cui proliferano le bufale stesse. Quindi esistono degli anticorpi generati dallo stesso sistema dei social alla diffusione delle bufale. Anticorpi che non hanno aspettato "le pagine dei giornali" per manifestarsi;
6) Il problema della diffusione delle bufale o delle balle antiscientifiche sui social (ma prima via mail, ma prima via giornali, ma prima via consiglio della zia che conosce uno che ha il cugino che era morto ed è risorto ecc) esiste, ma è spesso alimentato dai giornali "tradizionali" che semplificano troppo concetti complessi o cascano in trappole studiate da altri;
Chiudo sottolineando un'ultima cosa: io non sono un tecno-entusiasta. Non sono uno di quelli che ritiene che la tecnologia sia un bene assoluto. Le infinite possibilità di controllo sulle nostre vite che sono emerse con il caso Nsa, la concentrazione di potere nelle mani di poche multinazionali della Silicon Valley sono problemi enormi e da far tremare i polsi e potrei andare avanti per ore a elencarne altri.
Tuttavia viviamo in un'era che ci fornisce strumenti potentissimi per accedere e condividere informazioni e dobbiamo usarli per portare la società dove vogliamo. E magari domani la legione di imbecilli sarà un manipolo un po' più piccolo.
P.S. Leggo adesso una divertente e intelligente risposta del sito Valigia Blu a nome degli "imbecilli". Vi suggerisco di guardare. Vi anticipo un ESTRATTO:
"... Tornando seri per un attimo: il testo prodotto dall'Associazione Italiana Imbecilli sarebbe serio e oggettivo? No, è una generalizzazione, come quella di Umberto Eco. Ed è una generalizzazione che indugia sui consueti stereotipi, triti e ritriti, che dividono le persone in intelligenti e sceme sulla base dei mezzi di comunicazione utilizzati, dei luoghi frequentati (che hanno fatto di male i baristi?).
Si leggono e si ascoltano stupidaggini clamorose su libri, giornali e nelle università, nessuno si sognerebbe di definire gli scrittori, i giornalisti e gli intellettuali come 'imbecilli' nella loro interezza. p.s. chissà quanti lettori dei libri e degli articoli di Umberto Eco sono anche attivamente presenti sui social media... "
"Chi non la pensa come me è un imbecille" "Io possiedo le verità e gli altri, imbecilli e complottisti, solo frottole e castronerie" "Io, che mi faccio una cultura ascoltando i media di regime, televisioni che mi fanno continui lavaggi di cervello.. io, so tutta la verità!" (FIRMATO: un non imbecille, o almeno lo crede)
Chiara satira, ma paragonabili al medio evo ci stanno ancora quelli che pendono dalle sue labbra e dai suoi giornali di potere coi loro "pennivendoli".
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