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sabato 9 aprile 2016

Criticare l’olio di palma? Troppo rischioso. La lobby è composta da colossi industriali del settore alimentare che fanno pubblicità..

Criticare l’olio di palma? Troppo rischioso. La lobby è composta da colossi industriali del settore alimentare che fanno pubblicità

olio di palma

La campagna per l’olio di palma è sostenuta da centinaia di aziende alimentari (nella foto la contro-campagna del M5S).


Dieci milioni sono stati spesi in spot e pagine pubblicitarie sui giornali per contrastare la nostra campagna contro l’invasione dell’olio di palma. I soldi sono stati stanziati da “Olio di palma sostenibile”, una nuova società che raggruppa buona parte delle industrie di prodotti alimentari trasformati. Dietro la nuova etichetta, ci sono i gruppi che gestiscono la quasi totalità del budget pubblicitario del settore. Stiamo parlando di 400 marchi circa con a capo Ferrero, Barilla con Mulino Bianco, Bauli, le multinazionali come Unilever e Nestlé che investono milioni di euro in promozione e spot. In questa situazione scrivere articoli, realizzare programmi o servizi contro l’invasione dell’olio di palma può essere rischioso. In molti casi vuol dire rompere gli accordi commerciali con i principali investitori e questo non piace. Prendere posizione sul palma, basandosi su valutazioni scientifiche indipendenti, su dati statistici inconfutabili e magari riportare il parere di nutrizionisti non legati all’industria diventa complicato. Anche sottolineare con convinzione le criticità ambientali può compromettere le entrate pubblicitarie.
Non conviene scrivere che una crema di nocciola famosissima contiene il 50% di zucchero e il 22% di olio di palma o che 4 biscotti frollini contengono la quantità massima di grassi saturi da prodotti alimentari trasformati che un ragazzino può ingerire in una giornata. Dire che il consumo di olio di palma va ridotto soprattutto nei bambini tra i 3 e i 10 anni, come scrive l’Istituto Superiore di Sanità, o che due merendine alla settimana sono il numero massimo accettabile per un bambino è doveroso, ma per molti giornali è più semplice tacere oppure scrivere che i ragazzi devono fare più sport dimenticando l’invasione del cibo spazzatura.

olio di palma grasso frutto
I media che pubblicano articoli contro l’olio di palma mettono a repentaglio gli introiti pubblicitari delle aziende alimentari

Criticare l’invasione dell’olio di palma, invitare la gente a scegliere i prodotti con meno grassi saturi vuol dire essere tagliati fuori dalle campagne pubblicitarie. Molti editori e ancor più le televisioni si chiedono se valga la pena giocarsi le simpatie dei grandi sponsor per una causa, magari giusta, finalizzata a informare i cittadini su come proteggere la propria salute. Alcune testate si autocensurano e preferiscono non affrontare l’argomento evitando complicazioni: tuttavia l’olio di palma è un tema di attualità ed è difficile ignorarlo per i media più importanti. Ne parlano personaggi come Ségolène Royal e Leonardo DiCaprio, sono scesi in campo alcuni partiti politici, ci sono documenti redatti dalla FDA americana e dagli istituti per la sicurezza alimentare di Francia, Belgio e persino l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato un documento sul grasso tropicale. L’alternativa all’autocensura è quella di affrontare l’argomento evitando un dibattito che prenda in considerazione esponenti di ambo le parti in causa. Alle trasmissioni compaiono esponenti portavoce delle aziende che usano palma che si confrontano con figure della controparte non all’altezza dal punto di vista scientifico. Questa strategia permette di non sbilanciarsi contro le aziende, ma allo stesso tempo dà la sensazione che vi sia un vero e proprio contraddittorio.

ballaro schermata 2016
I portavoce dell’olio di palma invitati nei programmi Rai e in tv private non vengono messi a confronto con interlocutori validi, come è successo a Ballarò

In 18 mesi solo l’Huffington Post ha scelto in un articolo la formula del confronto. Nei programmi televisivi e radiofonici come pure sui giornali raramente si è svolto un dibattito alla pari. I portavoce delle aziende o quelli dell’olio di palma sostenibile sono sempre ospiti d’onore che però non si confrontano con interlocutori capaci di contestare le loro bizzarre tesi. In genere si trovano di fronte cuochi e gastronomi (!),  nutrizionisti compiacenti spesso consulenti delle stesse aziende, oppure organizzazioni ambientaliste e di consumatori con posizioni “equidistanti”. Anche alcune istituzioni scese in campo sono apertamente schierate a favore della lobby. La situazione vede da un lato una lobby potente con milioni di euro a disposizione, dall’altro un gruppo di giornalisti, nutrizionisti indipendenti e professionisti che hanno convinto milioni di persone a comprare prodotti senza olio di palma per salvaguardare l’ambiente e la salute. Vista la disparità di forze in campo, il finale della storia sembrerebbe già scritto, ma i dati sulle vendite indicano qualcosa di diverso. La progressiva perdita di quote di mercato degli alimenti preparati con grasso tropicale preoccupa moltissimo le aziende, tanto che alcune stanno cambiando le ricette e per questo motivo il numero di prodotti palma free cresce ogni giorno (secondo la nostra banca dati sono quasi 500).
Roberto La Pira e Dario Dongo di  gift dario dongo

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