"Ho provato la marijuana legale contro gli attacchi di panico e ho vinto": a tu per tu col “farmaco della discordia”, la Cannabis terapeutica
Una giornalista scientifica vessata dagli attacchi di panico e in fuga dagli ansiolitici decide di provare il “farmaco della discordia”, e..
Mi stai dicendo che hai iniziato a farti le canne? Ecco la domanda che le persone mi rivolgono ogni volta che racconto la mia esperienza con la Cannabis terapeutica, cioè la Cannabis sativa priva di effetti stupefacenti. Come sono arrivata al suo consumo io, una rigorosa giornalista scientifica? Per tamponare gli effetti devastanti di uno shock, che mi ha quasi spedita al reparto psichiatrico.
È maggio, al mattino sono a Milano, a una conferenza stampa. Quando torno a casa, un paesino della Brianza, trovo divelta la porta del mio appartamento. Entro, c’è tutto in disordine: vestiti ovunque, bigiotteria sparpagliata dalla cucina al soggiorno, il frigorifero aperto, carte dello studio buttate come coriandoli... Ma soprattutto cerco e non trovo i miei due gatti. In quel momento mi si annebbia la vista, sento il cuore che batte in modo strano, urlo così forte da attirare l’attenzione dei miei vicini, che ovviamente non hanno né visto né sentito nulla. Non ragiono più: voglio solo sapere se i miei gatti sono vivi. Sono secondi eterni. Sul pavimento della camera da letto c’è uno strato di abiti, coperte, asciugamani, libri e non riesco a camminare. Allora mi butto in ginocchio, scavo nel magma di tessuti e li vedo: mi guardano con gli occhi spalancati da sotto il letto, spaventati. Tiro un sospiro di sollievo, ma da quel momento inizia l’incubo, uno dei periodi più bui della mia vita: stavo per scoprire gli attacchi di panico. Iniziano a circa una settimana dall’evento funesto. E diventano sempre più intensi, sempre più frequenti. Per attenuarli comincio una terapia con anti-depressivi e li tengo a bada con un ansiolitico. Sono imbottita delle sue molecole anche durante quello che doveva essere un giorno bellissimo: l’inaugurazione della mia prima mostra di pittura.
La guerra delle farmacie
Ricordo poco, però, perché l’evento è proprio il giorno successivo al furto e si sa che stress acuto e benzodiazepine sono un mix letale per la memoria. E così sorgono altri problemi: non riesco più a lavorare, non mangio, ho paura a uscire di casa. Ne parlo con il mio medico di base, che mi propone un’alternativa: la Cannabis terapeutica. Non può farmi “sballare” (il tetraidrocannabinolo o THC è quasi assente), ma è ad alto contenuto di cannabinoidi (CBD, antinfiammatori, con proprietà ansiolitiche e antidolorifiche). Quel tipo di Cannabis è efficace e gratuita per alcune patologie gravi (fra cui il dolore oncologico e della sclerosi multipla), non per gli attacchi di panico, disturbo per cui tuttavia può essere prescritta in quanto numerosi studi ne provano l’efficacia.
Il medico mi stila la ricetta e dovrò consegnarla a una delle farmacie autorizzate. Chiamo tutte quelle di Milano ma niente da fare, non c’è la disponibilità e non si sa quando arriverà la prossima fornitura, perché il raccolto olandese è andato male e la quantità prodotta in Italia dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare è insufficiente per soddisfare le richieste. Sono preoccupata, devo continuare con le gocce di ansiolitico. Leggo tonnellate di materiale sulla Cannabis e scopro un mondo in cui vi sono vuoti legislativi, insinuazioni sulle farmacie in guerra per il controllo del prezzo e malati gravi che pagano sulla loro pelle i pregiudizi che circondano questa pianta dalle mille risorse.
Le informazioni mediche
Il tempo passa, gli attacchi di ansia e di panico mi impediscono di vivere. Vado su internet a caccia di un’alternativa. Incredibile coincidenza, in quei giorni in Rete scoppia il caso della Cannabis light, la Cannabis legale: la quantità di THC è vicina allo zero, la percentuale di cannabinoidi è forse inferiore rispetto a quella venduta tramite la farmacia, ma perché non provare? È prodotta in Italia: interviste, video, visite dei giornalisti all’azienda e partecipazioni a conferenze in Parlamento dei titolari mi convincono della serietà e trasparenza dell’impresa. Purtroppo non ci sono certificazioni che assicurino la qualità della Cannabis light: mi devo fidare e faccio il mio primo acquisto. Nel frattempo contatto un medico farmacista che online ha messo a disposizione tantissime informazioni: legali, mediche, pratiche ecc.
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Scopro così che l’erba può essere “vaporizzata”, bevuta come tisana, fumata... Spiega anche che la Cannabis light non è classificata come farmaco, non esiste una posologia precisa e il contenuto di CBD non è uniforme né standardizzato. Quando mi arrivano i fiori di canapa, decido di seguire le istruzioni per prepararmi il decotto: deve bollire circa 40 minuti, poi bisogna aggiunge- re del latte intero perché i cannabinoidi hanno bisogno di grassi per sciogliersi, quindi di nuovo sul fuoco. La bevo, il sapore è gradevole, tuttavia non ho alcun effetto. E allora decido di provare a fumarla, anche se non mi sono mai fatta una sigaretta in vita mia e non so “rollare”. Ma ci sono i tutorial su internet. Cartine, filtrini in cartoncino da arrotolare, tabacco da mescolare all’erba et voilà, ci provo.
Dopo quattro-cinque tiri (con tosse, ovviamente, dato che io non fumo) sento che sta succedendo qualcosa: lo stomaco si rilassa, sembra un fiore che si apre. Le spalle sono meno contratte, la cassa toracica riprende a muoversi, sento rilassati perfino i muscoli delle dita. La mente torna lucida, non provo quella sensazione di “nebbia densa” nella testa tipica dell’ansiolitico. E, subito dopo, riesco a fare mezz’ora di meditazione guidata. Superata la crisi, sto molto meglio. Non prendo più le gocce. Ho provato a spiegare agli amici la differenza chimica che esiste fra la Cannabis comprata al giardinetto dal pusher e quella legale, ma non c’è stato verso: alcuni, esperti di “canne vere”, dicono che la Cannabis light non ha senso, è come bere il vino senza alcol. Altri invece mi paventano un futuro da tossicodipendente senza ritorno e mi accusano di essere una scriteriata.
Oggi sto bene, gli attacchi sono passati e “fumo” un paio di volte al mese, quando mi vengono i dolori alla cervicale o l’emicrania, e in un quarto d’ora mi passa tutto. Non ho né voglia né bisogno di provare la Cannabis “intera” perché non devo assumere stupefacenti per stare bene. Il risultato di questa esperienza è la conoscenza di un mondo ricchissimo di potenzialità: la Cannabis sativa ha innumerevoli proprietà terapeutiche, ampiamente dimostrate dalle ricerche. Eppure il suo uso pare essere sabotato. Così mi chiedo: chi ha paura dell’erba?
La Cannabis terapeutica
Attualmente la Cannabis terapeutica è gratuita per chi soffre di determinate patologie: tra queste, il dolore cronico nella sclerosi multipla, gli effetti collaterali (come nausea) dovuti alla chemioterapia, l’inappetenza dei pazienti oncologici e affetti da Aids e per la sindrome di Tourette. Nel caso di ansia e attacchi di panico può essere prescritta se gli altri farmaci non hanno funzionato, ma a pagamento. Così come per la depressione e i disturbi del sonno.
Esistono controindicazioni precise, indicate nel Decreto Ministeriale del 9/11/15: non può essere prescritta alle donne in stato di gravidanza e a chi soffre, fra gli altri, di disturbi cardiopolmonari o psichiatrici oppure di alcolismo. Numerose le modalità disponibili per sfruttarne i benefici, come spiega Marco Ternelli, farmacista galenista: «La via medica di assunzione è la vaporizzazione, che elimina i prodotti della combustione e assicura precisione. Tante però le alternative: capsule, estratti (olio, alcol, glicerina...), supposte, ovuli, creme, collirio, bustine per tisana. Non esiste un divieto di fumarla, ma un assunto medico per cui prendere il farmaco mediante il fumo sia dannoso per la pirolisi e i prodotti da combustione».
L’applicazione dei cannabinoidi si è diffusa anche in campo veterinario, per la cura dei dolori di cani e gatti, soprattutto anziani o con problemi di artrosi ed epilessia. La weed economy, il business basato sul commercio dei fiori di Canapa light (THC inferiore allo 0,2 per cento), ha mosso in Italia, nei suoi primi 12 mesi, un mercato di 44 milioni di euro. Un fiume di denaro che però è circondato da un enorme vuoto legislativo. Sulle confezioni infatti ci sono scritte poco comprensibili, come per esempio “Cannabis tecnica, non adatta alla combustione”. Non solo gli imprenditori agricoli ma anche le associazioni di malati sono coinvolti nel dialogo con le Istituzioni per cambiare la situazione.
In particolare l’Associazione Luca Coscioni chiede, fra le altre cose, di autorizzare un’importazione d’urgenza di farmaci a base di Cannabis terapeutica per risolvere le gravi carenze e smettere di perseguire i malati che per necessità scelgono la via dell’auto-coltivazione (info: associazionelucacoscioni.it).
FONTE: https://www.elle.com/it/salute/benessere/a20120983/cannabis-legale-terapeutica/
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