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mercoledì 30 novembre 2016

REFERENDUM del 4/12/2016. VOTO SI' OPPURE NO?


IMPORTANTE!! REFERENDUM VOTO SI' OPPURE NO? Qualunque siano le vostre tendenze politiche di partito, leggete qui e salviamo l'Italia!

L'avvocato giurista Marco Mori scrive:

"Sulla riforma costituzionale, o “deforma”, come amo chiamarla, si è detto molto. La battaglia tra “sì” e “no” è serrata, tuttavia in pochi hanno, a mio avviso, centrato il vero obiettivo di quanto il Governo ha portato avanti.
I comitati del “no” si sono in gran parte persi in contestazioni sterili dimostrando di non aver capito la complessità dell’attuale contesto Istituzionale nel quale lo scopo vero è solo toglierci ulteriore sovranità in favore dell’Unione Europea e dei mercati che essa tutela.
La realtà quindi è che si vuole cambiare la Costituzione per trasferire un vincolo “esterno” alla nostra sovranità ed immetterlo direttamente all’interno del nostro ordinamento costituzionale. Tenterò di spiegare in maniera semplice questo concetto."
(avv. Marco Mori) 
(SEGUE NEL LINK ANNESSO)


LA RIFORMA COSTITUZIONALE? SERVE SOLO AD ASSERVIRCI AI VINCOLI DI BILANCIO EUROPEI



Capire chi è il nemico
è anche capire perché viene fatta questa riforma o DEFORMA della costituzione...
Una esposizione molto chiara dell'Avv. Marco Mori sulle ragioni del NO al Referendum Costituzionale. (
Pubblicato il 24 nov 2016)

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Referendum, l'Economist: "Gli italiani dovrebbero votare "NO". 

Le dimissioni di Renzi non sarebbero una catastrofe"

L'Economist si schiera senza senza se e senza ma per il No al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. La posizione viene espressa in un editoriale a corredo di un articolo sulla situazione politica italiana nel nuovo numero in uscita. "Questo giornale ritiene che gli italiani dovrebbero votare no" - scrive l'Economist spiegando che "la modifica alla costituzione promossa da Renzi non affronta il problema principale, cioè la riluttanza dell'Italia a fare le riforme. Inoltre, sottolinea il giornale, "le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono" e gli italiani e l'errore principale è stato commesso dal premier che ha "creato la crisi collegando il futuro del governo al test sbagliato". "Gli italiani - prosegue l'Economist - non avrebbero dovuto essere ricattati " e il presidente del Consiglio "avrebbe fatto meglio a battersi per migliori riforme strutturali".
La critica dell'Economist è puntuale e nel merito. "Ogni eventuale beneficio è comunque secondario rispetto ai rischi. In cima a questi - rileva il giornale - il pericolo che nel tentativo di fermare l'instabilità che ha dato all'Italia 65 governi dal 1945, si crei un uomo forte eletto al comando". Il settimanale punta il dito in particolare con la riforma del Senato non più elettivo. "Molti de suoi membri sarebbero consiglieri regionali e sindaci" quando "regioni e comuni" sono gli "strati di governo più corrotti", concedendo loro anche l'immunità. Questo - si spiega - renderebbe il Senato "un magnete per la peggiore classe politica".
Il giornale evidenzia quindi i rischi concreti in caso di vittoria del No. "Le dimissioni di Renzi non sarebbero la catastrofe che molti in Europa temono. L'Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come già accaduto in passato. Se in ogni caso la vittoria del No al referendum dovesse innescare il disfacimento dell'euro, allora sarebbe il segnale che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione sarebbe solo una questione di tempo".
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Votate SI' al Referendum e ci finiremo in pieno: dittatura europea! Qui spiegata anni fa dal parlamentare inglese Nigel Farage, che ha anche difeso noi italiani in sede di riunione del Parlamento Europeo, è oggi, alla vigilia del voto, più attuale e veritiera che mai!

Tratto dalla video-intervista con SOTTOTITOLI IN ITALIANO! 
"Gli italiani non dovrebbero prendere questo referendum sottogamba. Sicuramente voi italiani, ad un certo punto dovrete decidere del vostro futuro. Non potrete basarvi sempre sul fatto che il Signor Monti o suoi successori (del governo tecnico ancora esistente. ndr) facciano ciò che è nei vostri interessi." (Nigel Farage)



Conoscete più a fondo Nigel Farage, anche ascoltandolo quando ha difeso noi italiani! Click qui:
http://gilbrezza.blogspot.it/2016/02/deputato-inglese-pure-difesa-del-popolo.html

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Ho pubblicato, condividendo, questo video recente dell'avv. Marco Mori CHE E' GIURISTA. Sono 5 minuti spesi bene. Sono convinto che al momento voteranno come me: NO. Ciao
CIO' CHE IN TV NON TI DIRANNO MAI!
CONDIVIDETE CON UN COPIA INCOLLA AMICI!


https://www.youtube.com/watch?v=SD0SlvO198s




lunedì 28 novembre 2016

In vista del referendum. Documento preparato per l’associazione Libertà e Giustizia dal professor Gustavo Zagrebelsky (x il NO)


Non basta leggere le motivazioni della riforma col referendum per capire... perché occorrerebbe essere dei giuristi e avvocati per comprendere bene il tutto.
La maggioranza della gente non può essere in grado in questo studio e quindi votare con consapevolezza piena. Pertanto, alla fine si risolve in una guerra tra partiti marionette: voto con lotta esclusivamente politico. 
In RAI TV, la prepotenza con la quale appoggiano e danno visibilità e parola al SI' è di una enormità stomachevole.

"Le vere ragioni che hanno indotto questo governo di non eletti a provare a chiedere agli italiani se intendono essere asserviti a vita ai poteri forti o se, attraverso le vere ragioni, peraltro poco nascoste, si vogliono distruggere altri pezzi di sovranità e cedere, alla sfrenata politica neoliberista, anche il resto del nostro già compromesso diritto al rispetto di quanto la Carta stessa comprende." (Avv. Marco Mori)

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In vista del referendum del 4 dicembre 2016. Documento preparato per l’associazione Libertà e Giustizia dal professor Gustavo Zagrebelsky (x il NO)

Ampi stralci di un documento preparato per l’associazione Libertà e Giustizia dal professor Gustavo Zagrebelsky in vista del referendum.

Nella campagna per il referendum costituzionale i fautori del useranno alcuni slogan. Noi, i fautori del NO, risponderemo con argomenti. Loro diranno, ma noi diciamo:

1. Diranno che “gli italiani” aspettano queste riforme da vent’anni (o trenta, o anche settanta, secondo l’estro)

- Noi diciamo che da quando è stata approvata la Costituzione – democrazia e lavoro – c’è chi non l’ha mai accettata e, non avendola accettata, ha cercato in ogni modo, lecito e illecito, di cambiarla per imporre una qualche forma di regime autoritario. Chi ha un poco di memoria, ricorda i nomi Randolfo Pacciardi, Edgardo Sogno, Luigi Cavallo, Giovanni Di Lorenzo, Junio Valerio Borghese, Licio Gelli, per non parlare di quella corrente antidemocratica nascosta che di tanto in tanto fa sentire la sua presenza nella politica italiana. A costoro devono affiancarsi, senza confonderli, coloro che negli anni hanno cercato di modificare la Costituzione spostandone il baricentro a favore del governo o del leader: commissioni bicamerali varie, “saggi” di Lorenzago, “saggi” del presidente, eccetera. È vero: vi sono tanti che da tanti anni aspettano e pensano che questa sia finalmente “la volta buona”. Ma questi non sono certo “gli italiani”, i quali del resto, nella maggioranza che si è espressa nel referendum di dieci anni fa, hanno respinto col referendum un analogo tentativo, il tentativo che, più di tutti gli altri sembrava vicino al raggiungimento dello scopo. A coloro che vogliono parlare “per gli italiani”, diciamo: parlate per voi.

2. Diranno che “ce lo chiede l’Europa”

- Diteci che cosa rappresenta l’Europa di oggi se non principalmente il tentativo di garantire equilibri economico-finanziari del Continente per venire incontro alla “fiducia degli investitori” e a proteggerli dalle scosse che vengono dal mercato mondiale. A questo fine, l’Europa ha bisogno d’istituzioni statali che eseguano con disciplina i Diktat che essa emana, come quello indirizzato il 5 agosto 2011 al “caro primo ministro”, contenente un vero e proprio programma di governo ultra-liberista, in materia economico-sociale, associato all’invito di darsi istituzioni decidenti per eseguirlo in conformità
Dite: “Ce lo chiede l’Europa” e tacete della famosa lettera Draghi-Trichet, parallela ad analoghi documenti provenienti da “analisti” di banche d’affari internazionali, che chiede riforme istituzionali limitative degli spazi di partecipazione democratica, esecutivi forti e parlamenti deboli, in perfetta consonanza con ciò che significano le “riforme” in corso nel nostro Paese. 
A chi dice: ce lo chiede l’Europa, poniamo a nostra volta la domanda: qual è l’Europa alla quale volete dare risposte?

3. Diranno che le riforme servono alla “governabilità”

- “Governabile” è chi si lascia docilmente governare e chiediamo: chi si deve lasciar governare e da chi? Noi pensiamo che occorra “governo”, non governabilità, e che governo, in democrazia, presupponga idee e progetti politici capaci di suscitare consenso, partecipazione, sostegno. In assenza, la democrazia degenera in linguaggio demagogico, rassicurazioni vuote, altra faccia della rassegnazione, e dell’abulia: materia passiva, irresponsabile e facile alla manipolazione. Questa è la governabilità. A chi dice “governabilità” noi rispondiamo: partecipazione e governo democratico.

4. Diranno: ma la riforma è pur stata approvata dal Parlamento, l’organo della democrazia

- Ma noi diciamo: quale Parlamento? Il Parlamento illegittimo, eletto con una legge elettorale obbrobriosa, dichiarata incostituzionale, per l’appunto, per essere antidemocratica (deputati e senatori nominati e non eletti; premio di maggioranza abnorme che ha scollato gli eletti dagli elettori). La Corte costituzionale ha bollato quella elezione come una specie di golpe elettorale, per avere “rotto il rapporto di rappresentanza” (testuale). È vero che la Corte aggiunse che, per l’esigenza di continuità costituzionale, le Camere così elette non sarebbero decadute immediatamente.
Ma è chiaro a tutti coloro che hanno ancora un’idea seppur minima di democrazia che da quella sentenza si sarebbe dovuto procedere tempestivamente, per mezzo d’una nuova legge elettorale conforme alla Costituzione, a nuove elezioni, per ristabilire il rapporto di rappresentanza.
È vero che, scandalosamente, anche da parte delle più alte autorità della Repubblica, dell’informazione e da parte di non poca “dottrina” costituzionalistica, si fa finta che non esista una questione di legittimità che getta un’ombra su tutta questa vicenda, tanto più in quanto, se non vi fosse stato l’incostituzionale premio di maggioranza, sarebbero mancati i numeri necessari per portarla a compimento.

5. Parleranno di atto d’orgoglio politico dei parlamentari, finalmente capaci di “autoriformarsi” senza guardare al proprio interesse

- Noi parliamo, piuttosto, d’arroganza dell’esecutivo. Queste riforme sono state avviate dall’esecutivo con l’impulso di quello che, per debolezza e compiacenza, è potuto essere per diversi anni il vero capo dell’esecutivo, il presidente della Repubblica; sono state recepite nel programma di governo e tradotte in disegni di legge imposti all’approvazione del Parlamento con ogni genere di pressione (minacce di scioglimento, di epurazione, sostituzione dei dissenzienti, bollati come dissidenti), di forzature(strozzamento delle discussioni parlamentari, caducazione di emendamenti), di trasformismo parlamentare (passaggi dall’opposizione alla maggioranza in cambio di favori e posti) fino ai voti di fiducia, come se la Costituzione e le istituzioni fossero materia appartenente al governo, fino a raggiungere il colmo: la questione di fiducia posta addirittura agli elettori, sull’approvazione referendaria della riforma (o me o la riforma, sempre che voglia prendere sul serio un simile proclama da parte di uno che non eccede in coerenza ed eccede invece in spregiudicatezza). Questo non è il primato della politica, ma delle minacce e degli allettamenti. Se volete parlare di politica, noi diciamo: sì, ma sapendo che è mala politica.

6. S’inorgogliranno chiamandosi “governo costituente”

- Noi diciamo che il “governo costituente”, in democrazia, è un’espressione ambigua. Sono i governi dei caudillos e dei colonnelli sud-americani, quelli che, preso il potere, si danno la propria costituzione: costituzione non come patto sociale e garanzia di convivenza ma come strumento, armatura del proprio potere. Il popolo e la sua rappresentanza, in democrazia, possono essere “costituenti”. I governi, poiché sono espressione non di tutta la politica, ma solo d’una parte, devono stare sotto la Costituzione, non sopra come credono invece di stare d’essere i nostri riformatori che si fanno forti dello slogan “abbiamo i numeri”, come se avere i numeri, comunque racimolati, equivalga all’autorizzazione a fare quel che si vuole.

7. Diranno che l’iniziativa del governo nelle faccende costituzionali non ha nulla d’anormale e, quelli che sanno, porteranno l’esempio della Francia, del generale De Gaulle e della sua riforma costituzionale del 1962.

- Noi ci limitiamo a porre queste domande: credete davvero d’essere dei nuovi De Gaulle, il capo della Resistenza repubblicana che sbarca in Normandia al momento della liberazione? E di poter paragonare l’Italia di oggi alla Francia d’allora? La riforma francese aveva alla sua base le idee costituzionali enunciate “disinteressatamente” nel 1946 a Bayeux, guardando lontano e radicandosi nel passato della storia della Repubblica francese. Noi abbiamo invece testi raffazzonati all’ultima ora, la cui approvazione si è resa possibile per equivoci compromessi concettuali e lessicali, proprio sul punto centrale della riforma del Senato.

8. Diranno che, anche ad ammettere che la riforma abbia avuto una genesi non democratica e un iter parlamentare telecomandato nei tempi e nei contenuti, alla fine la democrazia trionferà nel referendum confermativo.

- Noi diciamo che la riforma forse sottoposta al giudizio degli elettori porta il segno della sua origine tecnocratica unilaterale e che il referendum richiesto dallo stesso governo che l’ha voluta lo trasformerà in un plebiscito. Non si tratterà di un giudizio su una Costituzione destinata a valere negli anni, ma di un voto su un governo temporaneamente in carica. 
Avremo una campagna referendaria in cui il governo avrà una presenza battente, come se si trattasse d’una qualunque campagna elettorale a favore di una parte politica, e farà valere il “plusvalore” che assiste sempre coloro che dispongono del potere, complice anche un’informazione ormai quasi completamente allineata.

9. Diranno che non c’è da fare tante storie, perché, in fondo si tratta d’una riforma essenzialmente tecnica, rivolta a razionalizzare i percorsi decisionali e a renderli più spediti ed efficienti

- Noi diciamo: altro che tecnica! È la razionalizzazione d’una trasformazione essenzialmente incostituzionale, che rovescia la piramide democratica. Le decisioni politiche, da tempo, si elaborano dall’alto, in sedi riservate e poco trasparenti, e vengono imposte per linee discendenti sui cittadini e sul Parlamento, considerato un intralcio e perciò umiliato in tutte le occasioni che contano. La democrazia partecipativa è stata sostituita da un sistema opposto di oligarchia riservata.
Le “riforme” costituzionali sono in realtà adeguamenti della Costituzione a questa realtà oligarchica. Poiché siamo per la democrazia, e non per l’oligarchia, siamo contrari a questo adeguamento spacciato come riforma.

10. Diranno che i partiti di sinistra, già al tempo della Costituente, avevano criticato il bicameralismo (cuore della riforma) e che perfino Pietro Ingrao, ancora negli anni 80, si espresse per l’abolizione del Senato

- Noi diciamo: andate a leggere i resoconti di quei dibatti e vi renderete conto che si trattava, allora, di semplificare le istituzioni parlamentari per dare più forza alla rappresentanza democratica e fare del Parlamento il centro della vita politica (si parlava di “centralità del Parlamento”). La visione era quella della democrazia partecipativa o, nel linguaggio di Ingrao, della “democrazia di massa”. Oggi è tutto il contrario: si tratta di consolidare il primato dell’esecutivo emarginando la rappresentanza, in quanto portatrice di autonome istanze democratiche.

11. Diranno che siamo come i ciechi conservatori che hanno paura del nuovo, anzi del “futuro-che-è-oggi”, e sono paralizzati dal timore dell’ “uomo forte”

- Noi diciamo che a noi non interessano “riforme” che riforme non sono, ma sono “consolidazioni” dell’esistente: un esistente che non ci piace affatto perché portatore di disgregazione costituzionale e di latenti istinti autoritari. Questi istinti non si manifestano necessariamente attraverso l’uso esplicito della forza da parte di un “uomo forte”. Questo accadeva in altri, più primitivi tempi. Oggi, si tratta piuttosto dell’occupazione dei posti strategici dell’economia, della politica e della cultura che forma l’ideologia egemonica del momento. Questo è ciò che sta accadendo manifestamente e solo chi chiude gli occhi e vuole non vedere, può vivere tranquillo. Si tratta, per portare a compimento questo disegno, di eliminare o abbassare gli ostacoli (pluralismo istituzionale, organi di controllo e di garanzia) che frenano il libero dispiegarsi del potere che si coagula negli organi esecutivi. Non occorre eliminarli, ma normalizzarli, ugualizzarli, standardizzarli, il che significa l’opposto del far opera costituente.

12. Diranno che siamo per l’immobilismo, cioè che difendiamo l’indifendibile: una condizione della politica che non ha mai toccato un punto così basso in tutta la storia repubblicana, mentre loro vogliono rianimarla e rinnovarla

- Noi opponiamo una classica domanda alla quale i riformatori costantemente sfuggono: sono più importanti le istituzioni o coloro che operano nelle istituzioni? La risposta, che sta non solo in venerandi scritti sulla politica e sulla democrazia – che i nostri riformatori, con tranquilla e beata innocenza mostrano d’ignorare completamente – ma anche nelle lezioni della storia, è la seguente: istituzioni imperfette possono funzionare soddisfacentemente se sono in mano a una classe politica degna e consapevole del compito di governo che è loro affidato, mentre la più perfetta delle costituzioni è destinata a funzionare malissimo in mano a una classe politica incapace, corrotta, inadeguata. Per questo noi diciamo: non accollate a una Costituzione le colpe che sono vostre.

13. Diranno: non ve ne va bene una; la vostra è una opposizione preconcetta. Non siete d’accordo nemmeno sull’abolizione del Cnel e la riduzione dei “costi della politica”?

- Noi diciamo: qualcosa c’è di ovvio, su cui voteremmo pure sì, ma è mescolato, come argomento-specchietto, per far passare il resto presso un’opinione pubblica orientata anti-politicamente. A parte il Cnel, che in effetti s’è dimostrato in questi anni una scatola quasi vuota, la riduzione dei costi della politica avrebbe potuto essere perseguito in diversi altri modi: riduzione drastica del numero dei deputati, perfino abolizione pura e semplice del Senato in un contesto di garanzie ed equilibri costituzionali efficaci. 
Non è stato così. Si è voluto poter disporre d’un argomento demagogico che trova alimento nella lunga tradizione antiparlamentare che ha sempre alimentato il qualunquismo nostrano. Avere unificato in un unico voto referendario tanti argomenti tanto diversi (forma di governo e autonomie regionali) è un abile trucco costituzionalmente scorretto, che impedisce di votare sì su quelle parti della riforma che, prese per sé e in sé, risultassero eventualmente condivisibili. Voi dite di voler combattere l’antipolitica, ma proprio voi ne esprimete l’essenza.

14. Diranno: come è possibile disconoscere il serio lavoro fatto da numerosi esperti, a incominciare dai “saggi” del presidente della Repubblica, passando per la Commissione governativa, per le tante audizioni parlamentari di distinti costituzionalisti, fino ad approdare al Parlamento e al ministro competente per le riforme costituzionali. Tutto ciò non è per voi garanzia sufficiente d’un lavoro tecnicamente ben fatto?

- Le questioni costituzionali non sono mai solo tecniche. A ogni modifica della collocazione delle competenze e delle procedure corrisponde una diversa allocazione del potere. Nella specie, ciò che si sta realizzando, per l’effetto congiunto della legge elettorale e della riforma costituzionale, è l’umiliazione del Parlamento elettivo davanti all’esecutivo; l’esecutivo, un organo che, non essendo “eletto”, potrà derivare dall’iniziativa del presidente della Repubblica che, dall’alto, potrà manovrare – come è avvenuto – per ottenere la fiducia della Camera.
Quanto poi alla bontà del testo di riforma dal punto di vista tecnico, ci limitiamo a questo esempio, la definizione delle competenze legislative da esercitare insieme dalla Camera e dal Senato (sì, il Senato rimane, il bicameralismo anche e, se la seconda Camera non si arenerà su un binario morto, i suoi rapporti con la prima Camera daranno luogo a numerosi conflitti): 
“La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per (sic!) le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all’art. 71, per le leggi che determinano l’ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea, per quella (?) che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l’ufficio di senatore e di cui all’art. 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116 terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma”.

Se questo pasticcio è il prodotto dei “tecnici”, noi diciamo che hanno trattato la Costituzione come una legge finanziaria o, meglio, come un Decreto mille-proroghe qualunque: sono infatti formulati così. Quanto ai contenuti, come possono i “tecnici” non aver colto le contraddizioni dell’art. 5, noto perché su di esso si è prodotta una differenziazione nella maggioranza, poi rientrata. Riguarda la composizione del Senato e non si capisce se i senatori rappresenteranno le Regioni in quanto enti, i gruppi consiliari oppure le popolazioni; non si capisce poi se saranno effettivamente scelti dagli elettori o dai Consigli regionali. Saranno eletti – si scrive – dai Consigli regionali “In conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri”. Ma, se queste scelte saranno vincolanti, non ci sarà elezione ma, al più ratifica; se non saranno vincolanti, come si può parlare di “conformità”.

Un pasticcio dell’ultima ora che darà filo da torcere a che dovrà darne attuazione: parallele convergenti, quadratura del cerchio… Agli autorevoli fautori di norme come queste, citate qui a modo d’esempio chiediamo sommessamente: dite con parole vostre e con parole chiare che cosa avete voluto.

Questi tecnici non hanno dato il meglio di sé, forse perché hanno dovuto nascondere nell’oscurità l’assenza di chiarezza che ha regnato nella testa di coloro che hanno dato loro il mandato di scrivere queste norme. Loro non lo diranno, ma lo diciamo noi. Nella confusione, una cosa è chiara: l’accentramento a favore dello Stato a danno delle Regioni e, nello Stato, a favore dell’esecutivo a danno dei cittadini e della loro rappresentanza parlamentare. 
Orbene, noi della Costituzione abbiamo un’idea diversa: patto solenne che unisce un popolo sovrano che così sceglie come stare insieme in società. “Unisce”? Questa riforma non unisce ma divide. Non è una costituzione, ma una s-costituzione. “Popolo sovrano”?

Dov’è oggi svanita la sovranità, quella sovranità che l’art. 1 della Costituzione pone nel popolo e che l’art. 11 autorizza bensì a “limitare”, ma precisando le condizioni (la pace e la giustizia tra le Nazioni) e vietando che sia dismessa e trasferita presso poteri opachi e irresponsabili? È superfluo ripetere quello che da tutte le parti si riconosce: per molte ragioni, il popolo sovrano è stato spodestato. Se manca la sovranità, cioè la libertà di decidere da noi della nostra libertà, quella che chiamiamo costituzione non più è tale. Sarà, al più, uno strumento di governo di cui chi è al potere si serve finché è utile e che si mette da parte quando non serve più. 
La prassi è lì a dimostrare che proprio questo è stato l’atteggiamento sfacciatamente strumentale degli ultimi anni: la Costituzione non è stata sopra, ma sotto la politica e perciò è stata forzata e disattesa innumerevoli volte nel silenzio compiacente della politica, della stampa, della scienza costituzionale. Ora, la riforma non è altro che la codificazione di questa perdita di sovranità. Apparentemente, la vicenda che stiamo vivendo è una nostra vicenda. In realtà, chi la conduce lo fa in nome nostro ma, invero, per conto d’altri che già hanno fatto il bello e il cattivo tempo nei Paesi economicamente, politicamente e socialmente più deboli e s’apprestano a continuare. Per questo, chiedono governi che non abbiano da dipendere dai parlamenti e, ove sia il caso, dispongano di strumenti per mettere i parlamenti, rappresentativi dei cittadini, nelle condizioni di non nuocere.

Seguiamo questa concatenazione: la Costituzione è espressione della sovranità; se manca la sovranità, non c’è costituzione. La Costituzione e il Diritto costituzionale, con la sedicente riforma costituzionale, s’avviano a mantenere il nome, ma a perdere la cosa. L’impegno per il No al referendum ha, nel profondo, questo significato: opporsi alla perdita della nostra sovranità, difendere la nostra libertà.

Post scriptum: C’è poi ancora un altro argomento che, per la sua stupidità, abbiamo esitato a inserire nella lista di quelli meritevoli d’essere presi in considerazione. È già stato usato ed è destinato a essere ripetuto in misura proporzionale alla sua insensatezza. Per questo, non lo ignoriamo semplicemente, come forse meriterebbe, ma lo collochiamo alla fine, a parte.

15. Diranno: sarà divertente vedere dalla stessa parte un Brunetta e uno Zagrebelsky

- Noi diciamo: non fate torto alla vostra intelligenza. Come non capire che si può essere in disaccordo, anche in disaccordo profondo, sulle politiche d’ogni giorno, ma concordare sulle regole costituzionali che devono garantire il corretto confronto tra le posizioni, cioè sulla democrazia? In verità, chi pensa di vedere in questa concordanza un motivo di divertimento, e non una seria ragione per dubitare circa il valore dei cambiamenti costituzionali in atto, non fa che confessare candidamente un suo retro-pensiero. 
Questo: che tra una Costituzione e una legge qualunque non c’è nessuna differenza essenziale; che, quindi, se sei in disaccordo politico con qualcuno, non puoi essere in accordo costituzionale con lui, perché tutto è politica e nulla è costituzione.
A noi, questo, non sembra un modo di pensare rassicurante.

(da Il Fatto Quotidiano del 6 marzo 2016)







martedì 22 novembre 2016

L'ipocrisia di Ferrero sull'OLIO DI PALMA e NUTELLA

Per Ferrero l’olio di palma è un prodotto di “eccellente qualità”. L’azienda cerca così di sdoganare un grasso bocciato dai nutrizionisti e nascosto sulle etichette !


La campagna pubblicitaria della Nutella cerca di sdoganare l’olio di palma come prodotto di eccellente qualità

Gli italiani scoprono che l’olio di palma è un grasso “di eccellente qualità” nell’autunno del 2016, grazie alla massiccia campagna pubblicitaria promossa da Ferrero. Il concetto viene supportato da decine di articoli che descrivono l’olio della Nutella come un grasso: buono, senza contaminanti e rispettoso dell’ambiente. La stessa cosa si registra in molti programmi televisivi dove esperti addomesticati insieme a oncologi e biologi che non conoscono la materia elogiano il grasso tropicale. La realtà è leggermente diversa e lo sostenevano in passato nutrizionisti di solida e motivata fama, come il medico dietologo Oliviero Sculati e Carlo Cannella (presidente dell’Inran), che consideravano i grassi tropicali ingredienti di pessima qualità. La pensava allo stesso modo anche il nutrizionista Giorgio Calabrese (ora presidente del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare), che in una famosa intervista di 6 anni fa accusava i grassi tropicali di “sporcare le arterie… essendo aterogenici, dando al sangue una maggiore viscosità… Nel mio Piemonte si chiama “sangue spesso”, salvo poi cambiare idea nel 2014. Oltre a questi motivi di tipo nutrizionale, l’olio di palma non è mai stato venduto nei supermercati perché nella versione di olio vergine è di colore rosso ed emana un odore sgradevole. Nella versione raffinata, invece, ha una consistenza semi solida che non piace.

L’olio di palma grezzo è rosso ed emana un odore sgradevole

Queste argomentazioni erano ben note anche alle aziende, che lo hanno abilmente celato nell’elenco degli ingredienti dietro la generica scritta “olio vegetale“. Se il palma fosse davvero un prodotto di “eccellente qualità”, perché non citarlo nella lista delle materie prime? In genere le aziende evidenziano sempre sulle confezioni la presenza degli ingredienti di pregio, come avviene per le patatine fritte e gli snack… preparati con olio di oliva, oppure di girasole e mais. Quali considerazioni scientifiche e/o nutrizionali hanno convinto Ferrero a classificare l’olio di palma come eccellente? Se fosse vero, perché ai consumatori di Nutella per decenni è stato nascosto l’uso di un ingrediente così importante (rappresenta il 20% del vasetto).

Ferrero cerca in tutti i modi di sdoganare l’olio di palma come prodotto di qualità

A questo punto è lecito avanzare qualche ipotesi sulle iniziative che potrebbero essere intraprese nel prossimo futuro per sdoganare il grasso tropicale e proiettarlo nell’Olimpo delle materie prime di qualità. I progetti sono tanti. Potrebbero iniziare i cuochi stellati con nuovi piatti a base di olio di palma. Ci stanno bene anche film e documentari con attori e personaggi dello spettacolo nelle piantagioni tropicali (è in uscita un servizio di Licia Colò invitata da Ferrero a visitare i luoghi di coltivazione). Non mancheranno certo libri di cucina con ricette elaborate da famosi food blogger, pronti a rilanciare i nuovi piatti  in rete.
Lo sdoganamento del palma è iniziato e Ferrero ha investito somme ragguardevoli promuovere quest’olio. Il problema vero non è questo ma il folto gruppo di giornali, editori, canali televisivi e siti web disposti a pubblicare qualsiasi cosa pur di riabilitare i peggiori grassi tropicali e attrarre così le simpatie di un potenziale sponsor che ogni anno investe somme considerevoli in pubblicità.
Roberto La Pira e Dario Dongo


In TV, a sorpresa, mini-comizio di Renzi, per il suo sì. Noi si vota NO !


Stasera, ho voluto, per curiosità e in modo distaccato come sempre, ASSISTERE AL TG 2 della RAI. Ebbene.. una cosa VERGOGNOSA, mancanza di correttezza e l'ennesimo sopruso approfittando della RAI (di regime?).: hanno inviato in trasmissione Renzi dalla sua scrivania (ma potrebbe benissimo essere uno stage) come se fosse il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica. Ha fatto un mini comizio per il suo SI'.. e ha criticato gli altri partiti, tirando l'acqua al suo mulino, chiudendo senza che nessuno potesse controbattere.. Non c'era nessuno infatti! 


UNO SCHIFO DI RAI DI M....beep ! E DOBBIAMO PURE PAGARE IL LORO CANONE! 

Purtroppo potrebbe vincere il SI'.. Ho ascoltato una vecchietta, fedele RAI, che non si intende di politica che voterà SI.. solamente perché è innamorata di quel "bel ragazzotto Renzi" !!!.. 

Altri amici, succubi della TV e giornali canonici di parte.. soprattutto "REPUBBLICA" (per non dire "giornali di regime", n.d.r), altri amici ignoranti e pigri in politica, oppure fermi sull'opinione del loro partito di appartenenza, sono convinti di votare SI' perché, dicono, è ora di cambiare per migliorare... si illudono loro.... (sigh).
Senza parole! La costituzione non si tocca! Cambiare tutti i politici, quello sì, soprattutto quelli che sono al potere e che MAI nessuno del popolo ha eletto, vedi il Renzo. Altrimenti addio del tutto alla DEMOCRAZIA! VOTATE NO !



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Giorno dopo giorno vivo il referendum. Aspettando il 4 dicembre.
Aspettando che la Costituzione sia salva e che la politica invece di attribuire responsabilità alla Costituzione inizi a cambiare!!!
Non è colpa della Costituzione se la classe politica/amministrativa della nostra Italia è tra le più corrotte dei paesi democratici!
Non è colpa della Costituzione se le leggi per il popolo richiedono tanto tempo mentre altre vengono approvate in pochi giorni!!!
Non è colpa della Costituzione lo scaricabarile delle responsabilità!!!
La situazione economica/sociale attuale è il frutto solo e soltanto della cattiva politica! IO VOTO NO! (tratto dalla pagina di Giuseppe Martino).


ASSISTITE AL VIDEO.. E ASCOLTATE IL NOSTRO GRANDE ARTISTA "POVIA" che spiega rapidamente i motivi VALIDI per VOTARE NO ! Lo si capisce anche se si è ignoranti in politica.. anche i bambini!




Divulgate il video con un COPIA-INCOLLA:
https://www.youtube.com/watch?v=CTZDm1-dRRc

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CLICK SUL SEGUENTE LINK PER PROSEGUIRE E ASSISTERE AL VIDEO

https://www.facebook.com/GuadagniniAntonio/videos/1156572061092777/?pnref=story


Voto all’estero? Una farsa. Guadagnini (SiamoVeneto) fa causa.
Abbiamo deciso di depositare un atto di citazione presso il tribunale di Venezia contro le procedure di voto per corrispondenza degli italiani all’estero in quanto la procedura prevista viola palesemente l’art 48 della Costituzione.
La pensa così anche l’ambasciatore Cristina Ravaglia (direttore generale del ministero degli Esteri per gli italiani all’estero) la quale, dopo le elezioni politiche del 2013, manda una nota all’allora ministro degli Esteri Giulio Terzi, nella quale scrive che il sistema di voto è: “totalmente inadeguato, se non contrario ai fondamentali principi costituzionali…” e ancora: “quello per corrispondenza è soggetto come evidente a una serie di variabili incertezze (quali l’affidamento ai sistemi postali locali, il pericolo di furti, incette, pressioni, compravendite, sostituzione del votante ma non solo)”.
(SEGUE NEL LINK ANNESSO)


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